Poesia dialettale garganica: appunti per un panorama *

di Cosma Siani

Sembra che l'aspirazione a esprimersi dialettalmente nel Gargano appartenga all’entroterra più che alla costa, e sia rurale più che marina, meridionale più che settentrionale. Allo stato di fatto, l'intera area a nord del Promontorio garganico compresa nel triangolo Lesina-Cagnano-Peschici sembra ben povera di produzione dialettale in raccolta, mentre si rinvengono numerosi dialettali inediti o editi sporadicamente. Tra questi, il padre Javicoli di Vico ha dato un saggio vernacolare traducendo in vichese la preghiera dantesca alla Vergine dal canto xxxiii del Paradiso (che si affianca alle traduzioni garganiche del canto i dell’Inferno ad opera di De Cristofaro, Tusiani e Granatiero). La fascia costiera si rivela produttiva a Manfredonia, dove è possibile rinvenire un’attività dialettale più corposa e continuativa, e discretamente a Vieste. (Il repertorio distinto per paesi, ed esteso a molti inediti, è in Mariantonietta Di Sabato, "Poesia e teatro dialettale del Gargano. Repertorio biobibliografico", in Sergio D'Amaro, M. Di Sabato, C. Siani, a c. di, Poesia dialettale della Capitanata. Tavoliere-Subappennino-Gargano, Roma, Cofine, 1997, pp. 79-94).

Si profila invece un asse portante San Marco in Lamis-San Giovanni Rotondo-Monte Sant'Angelo. Anzi, considerando che Monte ha un suo prolungamento in Mattinata, sulla costa sottostante, per comunanza di dialetto, e un naturale sbocco a mare e pianura in Manfredonia, dove molti montanari si sono trasferiti, si può ritenere che l'area San Marco-San Giovanni-Monte, con le diramazioni di Mattinata e Manfredonia, rappresenti l'asse della produzione dialettale in Gargano. A cercar ragioni per simile geografia culturale, si pensa subito alle correnti di pellegrinaggio, con la loro miscela di gente linguaggi esperienze idee: da un lato il flusso secolare verso il santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo, che seguiva una via naturale di ingresso al Gargano - la direttrice che da San Severo taglia San Marco e San Giovanni appunto, oggi corrispondente al secondo troncone della strada statale 272 San Severo-Monte, e in passato alla "via sacra dei longobardi"; dall’altro lato, il moderno turismo religioso verso il santuario di Padre Pio, che ha fatto di San Giovanni Rotondo il centro più popoloso ed economicamente florido del Promontorio. D’altra parte Manfredonia, tradizionale ingresso al Gargano dal mare, portava mescolanza di genti e di lingue con i commerci legati al suo porto.

Ma cosa ci dice la poesia dialettale garganica (di cui una selezione bibliografica viene data in appendice a questo saggio), e soprattutto come si pone rispetto alla rinascenza dialettale di fine secolo ventesimo? Vediamone intanto una panoramica, rimandando, per esempi individuali, alle sillogi di C. Siani, Poesia dialettale del Gargano. Antologia minima (Roma, Cofine, 1996), e "Gargano", in D'Amaro-Di Sabato-Siani, cit. (pp. 47-78).

Se consideriamo le tendenze del Novecento dialettale individuate in quella che è la maggiore opera di riferimento, La poesia in dialetto, a c. di FrancoBrevini (Milano, Mondadori, 1999, p. 3165): una "produzione media municipale espressa dai ceti colti di estrazione agraria e borghese", una linea "di matrice narrativa e comico-realistica", "la poesia satirica e giocosa e quella engagée", le "nuove esperienze liriche" e lo "sperimentalismo dialettale", vien fatto di collocare agevolmente gli esempi più probanti della produzione garganica nell’una o l’altra delle prime tre, che costituiscono eredità consolidata nella tradizione e nella mentalità.

Ma prima ancora di incontrare tali esempi, ci imbattiamo in un livello di base, diciamo, ad artificio zero: una normale funzione comunicativa, un "dire" in dialetto, che espone pensieri considerazioni episodi in tono colloquiale, spingendosi nella manipolazione retorica poco più di quanto non si faccia ordinariamente parlando a fini quotidiani, privo di scaltrezza metrica o di sicuro controllo del verso libero. È la posizione del dialettofono bilingue che, trasferendo in iscritto la parlata locale, chiama "poesia dialettale" le proprie espressioni - da vedere piuttosto come comunicazione corrente in dialetto orale appoggiata alla pagina. Non siamo certo nell'ambito della crociana letteratura dialettale "spontanea", perchè qui c’è volontà (o velleità) di far poesia a imitazione dell'italiano; ma siamo vicini a un tono vernacolare popolareggiante più o meno consapevole, più o meno elaborato, con tutta la ripetitività e lo scarso o occasionale interesse che può suscitare quando si pone ambizioni d'arte.

Attorno a siffatto estremo basso della poesia garganica gravita tuttavia un fervore di iniziative pubbliche e private che costituiscono un sostrato, di livello anche mediocre, ma che sprona alla pratica, quindi alla consapevolezza laddove vi si innestino stimoli nuovi; e che comunque apre alla concezione di una dignità d’espressione del proprio dialetto. Caso esemplare è l'attivissima Manfredonia, con un considerevole numero di autori, un concorso annuo per la miglior poesia carnascialesca, un'animata pratica teatrale in dialetto. È nell'effetto imitativo e moltiplicativo di simile atmosfera che il falegname Pinto si mette a trascrivere in versi interessanti le sensazioni della propria passata vita di marinaio, con buona scelta di immagini, selezione accorta delle parole e interessante lessico marinaresco, e di recente una tendenza a sganciarsi del tutto dal dialetto localistico a favore della privata espressione lirica. È ancora in questo ambiente che si sviluppa una produzione copiosa come quella di Ognissanti, dalla vena fortemente popolareggiante riflessa in un uso non preoccupato di regolarità metriche o fluidità prosodica, e che trova il proprio timbro sicuro in bozzetti a carattere religioso-popolare, che uniscono l’argomento religione a un'allegria non bigotta, apparentemente dissacrante, ma in realtà disincatata senza che questo contraddica al sistema di valori in cui si integra. Ed è in questa atmosfera che anche delle presenze femminili, meno frequenti nella poesia dialettale garganica, sono incoraggiate all’espressione.

È vero anche il contrario: l'effetto moltiplicatore può venire non da un fervore di base ma dall’autorità di esempi isolati. A Monte-Mattinata, nella scia di de Cristofaro, cronologicamente primo sul luogo e primo di rilievo fra i garganici. A Vieste, di Dellisanti, la cui la briosa vena ironica ritrae aspetti sociali e di costume, con gusto dell’osservazione e talora partecipazione sofferta (in questo angolo di costa vengono attratte nell'orbita dialettale altre presenze femminili). A San Marco, la pubblicazione di Borazio negli anni Settanta sembra aver dato incremento al dialetto di Tusiani, ed ambedue hanno incoraggiato il giovane Aucello, autore di sapide raccolte dal linguaggio autenticamente popolano, disinibito e denso. A San Giovanni Rotondo un impulso si direbbe venuto dall'intensa attività teatrale in dialetto promossa da F. P. Fiorentino e dai suoi prosecutori.

Anche al di là di quello che abbiamo chiamato "livello di base", è comunque prevalente l'elemento atteso e scontato della tradizione dialettale: i ricordi e la suggestione del tempo ritrovato, il lamento dei giorni mutati che in effetti è rimpianto del tempo perduto, la descrizione paesaggistica e gli scorci di paese, il bozzetto e l'arguzia popolana, la religiosità rituale, gli aspetti contadini e pastorali che si intridono all'esistenza di paese.

Ora, se ci chiediamo quanto della dialettalità garganica è acquisito nella scena nazionale, registriamo due presenze, Borazio di San Marco e Granatiero di Mattinata, entrate in repertori vasti compilati da addetti ai lavori (l'antologia mondadoriana Le parole di legno di Chiesa e Tesio, la garzantiana Poesia dialettale dal Rinascimento a oggi di Spagnoletti e Vivaldi, il saggio di Brevini Le parole perdute per Einaudi). Certamente, le scelte dipendevano dallo stato delle conoscenze disponibili ai compilatori; eppure a tutt’oggi rappresentano la doppia punta dell'iceberg garganico: da un lato il meglio che la tradizione primonovecentesca potesse dare, con Borazio (a cui bisogna però associare de Cristofaro, oggi che è venuto in giusta luce); dall'altro, lo scrollarsi di dosso motivi e atteggiamenti di quella tradizione per esprimere più liberamente e modernamente il proprio mondo, nel caso di Granatiero.

La produzione garganica si aggrega attorno a questi due poli. Ma quello che maggiormente la impronta di sé è il polo Borazio-de Cristofaro, con il suo registro a base realistica variante dall'umoristico al lirico-malinconico al patetico. È in quest'orbita che gravitava senza saperlo il realista ante litteram Alessandro Nobiletti di Ischitella nel primo Ottocento, e oggi il suo conterraneo Luciani. A Monte, Di Jasio, con i suoi vivaci contrasti a due voci, in special modo di argomento scolastico; e Michele De Padova, che guardando al Gargano dalla lontana Alessandria in una affinata recherche, trova la principale molla nella sensazione del tempo ritrovato espressa con tempra colta. A San Giovanni Rotondo, Michele Capuano, che ha trovato la sua forma felice nei componimenti brevi, nel quadretto, e principalmente nella gustosissima rappresentazione di cibi piatti sapori aromi locali, con la raccolta Gargano amore (titolo suggestivo che gioca sulla connotazione "amore" = "sapore/aroma", nei nostri dialetti); e Giovanni Scarale, il cui tratto distintivo sembra consistere nel denso tessuto linguistico, una forte trama di suoni, significati, giri di frase, che riscattano argomenti convenzionali, e che si ritrova più nelle poesie antiche che in quelle recenti, più in quelle di descrizione ambientale che in quelle di impegno politico-sociale. A Sannicandro, Alfredo Petrucci, la cui sterminata produzione nel suo campo di lavoro - l’incisione e le arti figurative - potrebbe far sembrare marginale (e certo non lo è, per intimità di legame) la scrittura in dialetto; la sua collezione di centosessantasette distici, Epigrammi della montagna, appare come un taccuino dell'artista: appunti fissati a volo, un atteggiamento, una piega emotiva, un'arguzia, un gesto, da utilizzare nelle proprie incisioni di tipi e tratti garganici. A San Marco in Lamis, Tusiani, che prolunga e intensifica la tradizione del poemetto e della favola morale, con una produzione prolifica e sistematica, a cadenza annuale.

In tutta questa produzione si insinuano talora inquietudini e stati più marcatamente lirici, i quali, associati a strutture colte, la sospingono verso quella soglia espressiva oggi intesa come neodialettalità: certo spleen di Scarale già a fine anni Sessanta; e in Guerra e Rignanese, a Monte Sant’Angelo, le impressioni in versi rapidi, l’aerea cattura di tratti ambientali - un colore, una sfumatura di luce, un oggetto in un angolo di paese, solitudini, dettagli inerti; e un uso libero e modulato del verso in Serricchio, che si manifesta in dialetto dopo una vita e una reputazione come poeta in lingua. Lo stesso ischitellano Luciani accede a forme e atteggiamenti più personali e freschi rispetto alla tradizione vernacolare. Così Pinto a Manfredonia. Non siamo ancora a una consapevole svolta neodialettale, che verrà pienamente con Granatiero, ma sembra che ce ne siano i segnali.

 

 

 

Aucello Leonardo (San Marco in Lamis 1961). Li zacquare ["Le megere"], vers. Antonio Motta, San Marco in Lamis, Quaderni del Sud, 1996, pp. 46; Li pustegghiune ["I guardoni"], trad. dell'autore e di Matteo Coco, Bari, Levante, 1997, pp. 70; Lu matte maligne ["Lo stupido cattivo"], Bari, Levante, 2000, pp. 139.

Borazio Francesco Paolo (San Marco in Lamis 1918-1953). Lu trajone ["Il drago"]. Poemetto eroicomico in vernacolo garganico, a c. di Michele Coco, Antonio Motta e Cosma Siani, intr. Francesco Sabatini, San Marco in Lamis, Quaderni del Sud, 1977, pp. 142; La preta favedda ["L'eco"]. Poesie in vernacolo garganico, a c. di Sergio D'Amaro, A. Motta e C. Siani, pref. Tullio De Mauro, Manduria, Quaderni del Sud/Lacaita, 1982, pp. 172; I libri, gli inediti, i giornali satirici, i manifesti politici. Mostra biobibliografica, a c. di Antonio Motta, nota di Roberto Roversi, San Marco in Lamis, Quaderni del Sud, 1999 [ediz. anastatica dei giornali satirici manoscritti; accompagna l’opuscolo Motta (a c. di) 1999].

Capuano Michele (San Giovanni Rotondo 1913-1993). Cantata Sangiuvannara (Cantata sangiovannese), intr. Daniele Giancane, Bari, La Vallisa, 1986, pp. 87; Gargano Amore (Reperti di ghiottonerie garganiche), pres. Luigi Sada, ivi, 1987, pp. 78; Pajèse mie (Paese mio), pres. Vincenzo Valente, ivi, 1988, pp. 97; Jàngiule e diàvule (Angioli e demoni), pref. Vito Maurogiovanni, Roma, Il Nuovo Cracas, 1992, pp. 60.

de Cristofaro Giovanni (Monte Sant'Angelo 1886-Aosta 1969). Anema nova ["Anima nuova"]. Esercizi di lettura e traduzione dal dialetto garganico per le scuole elementari, Monte Sant'Angelo, Tipografia del Gargano, 1927, pp. 39; A cor'a core ["A cuore a cuore"]. Poesie dialettali garganiche, Monte Sant'Angelo, Ciampoli, 1929, pp. 59; Zurì, cane fedele... Quadri di vita garganica, Monte Sant'Angelo, Ciampoli, 1935; Chi lu dice? Prudebbie, additte e soprannume muntanere ["Chi lo dice? Proverbi, modi di dire e soprannomi montanari"], Manfredonia, Armillotta e Marino Tipografi, 1943, pp. 110; 'Mmizzo la streda ["Per strada"]. Frà Felice. Versi nel dialetto di Monte Sant'Angelo Città del Gargano, Foggia, Leone, 1957, pp. 10 non numerate; La lampa de la fede ["La lampada della fede"]. Versi nel dialetto di Monte Sant'Angelo città del Gargano, Edizioni Convivio Letterario, Milano, 1959, pp. 39; Racconti del Gargano, Milano, Editrice Convivio Letterario, 1966, pp. 377; 'Mmizzo la streta [Sulla strada], a c. di Michele Notarangelo, vers. ital. di Francesco Nasuti e Giuseppe de Cristofaro, pref. Cosma Siani, Foggia, Grenzi, 1997, pp. 250 (raccoglie tutte le poesie meno le inedite di 'Ndegnamente); Scene di vita. Teatro in dialetto, a c. di M. Notarangelo, ivi, 1999, pp. 191; Cantastorie del Gargano, a c. di M. Notarangelo, ivi, 2000, pp. 221; 'Ndegnamente. Poesie religiose, a c. di M. Notarangelo (in preparazione).

Dellisanti Gaetano (Vieste 1921-1994). Tanineidi. Poesie in dialetto viestano. I Parte: 1950-1960, pres. e trad. Raffaele Pennelli, Vieste, Circolo "Vestae", 1988, pp. 95.

De Padova Michele (Monte Sant'Angelo 1934). Chè vün'a fé? ["Che vieni a fare?"]. Versi in garganico, Tortona, In Valsolda, 1992, pp. 55; U luciacappüdde ["La lucciola"]. 35 testi in dialetto Montis Sancti Angeli con versione italiana [dell'autore], Sarnico (Bg), Viator, 1995, pp. 87.

Di Jasio Giovanni (Monte Sant'Angelo 1897-Manfredonia 1978). Li ccummère ["Le comari"]. Musa vernacola, Monte Sant'Angelo, Edizioni "La favola", 1961, pp. 62.

Granatiero Francesco (Mattinata 1949). All'acchjitte ["Al riparo dal vento"], Torino, Italscambi, 1976, pp. 45; U iréne ["Il grano"]. Poesie in dialetto pugliese, pres. Giovanni Tesio, Roma, Dell'Arco, 1983, pp. 45; La préte de Bbacucche ["La pietra di Bacucco"]. Poemetto, pres. G. Tesio, Mondovì, Edizioni, 1986, pp. 54; Rume ["Ruminazione"], Roma, S/Oggetto Tre, 1992, pp. 5; Énece ["Nidiandolo"], pref. Piero Gibellini, Udine, Campanotto, 1994, pp. 87; Iréve ["Voragine"], Monte Sant'Angelo, Comunità Montana del Gargano, 1995, pp. 138 (comprende una selezione da precedenti raccolte, inediti, e versioni dialettali da John Donne e Emily Dickinson); Sckundatòure ["Olive sparse"], Mattinata 1995: piego contenente "Nove ricette povere", già edite, e "Due versioni dialettali" da Leopardi e Dante; Una fanóje ["Un solo falò"]. 5 poesie nel dialetto garganico di Mattinata, Torino 1995: pieghevole; L'endice la grava. Antologia 1975-1997, pref. Cosma Siani, Comune di Mattinata, 1997, pp.85; Scuèrzele Roma, Cofine (in preparazione). Autore inoltre di Grammatica del dialetto di Mattinata, Mattinata, Amm.ne Com.le, 1987; Dizionario del dialetto di Mattinata-Monte Sant'Angelo, Monte Sant'Angelo, Amm.ne Com.le, 1993.

Guerra Domenico (Monte Sant'Angelo 1940). Terra promessa. Poesie in dialetto pugliese, pres. Marco I. De Santis, Montemerlo (PD), Venilia, 1992, pp. 70.

Luciani Vincenzo (Ischitella 1946). I frutte cirve ["I frutti acerbi"], Ischitella, s.e., 1996, pp. 31; Frutte cirve e ammature ["Frutti acerbi e maturi"], pref. Achille Serrao, Roma, Cofine, 2001, pp. 32.

Ognissanti Pasquale (Manfredonia 1939). Controre ["Controra"], Foggia Cappetta, 1966, pp. 70; Favugne ["Scirocco"], pref. e trad. Tommaso Fiore, Cosenza, Pellegrini, 1968, pp. 175; Abba Padre, Manfredonia, Tip. F. Prencipe, 1972, pp. 23; U ciucce 'mBaradise ["L'asino in Paradiso"], pres. Nicola De Feudis, trad. Pasquale Piemontese, Manfredonia, Atlantica, 1979, pp. 20; Osanna, Benedetto colui che viene nel nome del Signore..., trad. Pasquale Vescera, s.l., s.e., s.d., pp. 6; Nella chiesa grande (Nda chjisa granne), pres. P. Vescera, trad. dell'autore, s.l., s.e., 1984, pp. 24; U resacchie (Io, gli animali...e gli altri), intr. Vincenzo Di Lascia, Foggia, Grafiche Gercap, 1986, pp. 125.

Petrucci Alfredo (Sannicandro Garganico 1888-Roma 1969). Epigrammi della montagna. La strigghia, 'u pungeche e li meravigghie ["La striglia, il pungolo e le meraviglie"], pres. Cristanziano Serricchio, Foggia, Biblioteca Provinciale, 1973, pp. 53.

Pinto Franco (Manfredonia 1943). U Chiamatôre ["Il chiamatore"]. Liriche scelte, intr. Giancarlo Romanelli, Foggia, Bastogi, 1985, pp. 81; Nu corje doje memorie, a c. di Mariantonietta di Sabato Manfredonia, Edizioni Il Sipontiere (in preparazione).

Rignanese Domenico (Monte Sant'Angelo 1948). Quando la terra vive Quando muore Quando chiama. Liriche, pres. Antonio Ciuffreda, Monte Sant'Angelo, Associazione Pro Monte Sant'Angelo, 1978, pp. 72 (dialetto con rifacimento a fronte dell'autore stesso).

Scarale Giovanni (San Giovanni Rotondo 1933). Sciure de Roccia ["Fiori di roccia"]. Liriche in vernacolo garganico, San Giovanni Rotondo, L'Arcangelo, 1961, pp. 102; La tarra mia ["La mia terra"], San Giovanni Rotondo, Cenacolo "Amici di S. Francesco", 1963, pp. 31; Sôtta l'ulme ["Sotto l'olmo"], s.l. [ma San Giovanni Rotondo], Edizioni dello Sperone, 1968, pp. 182; La vòria ["La tramontana"]. Poesie in dialetto sangiovannese, San Marco in Lamis, Centro Regionale Servizi Educativi e Culturali Distretto FG/27, 1993, pp. 173.

Serricchio Cristanziano (Monte Sant'Angelo 1922). Lu curle, intr. Antonio Piromalli, Pasian di Prato (UD), Campanotto, 1997, pp. 74.

Tusiani Joseph (San Marco in Lamis 1924). Làcreme e sciure ["Lacrime e fiori"], pref. Tommaso Nardella, Foggia, Cappetta, 1955, pp. 24; "Il primo canto dell’Inferno in vernacolo garganico", Rassegna di Studi Dauni, iv, 1-4, genn.-dic. 1977, pp. 77-82; Tìreca tàreca ["Filastrocca"]. Poesie in vernacolo garganico, a c. di Antonio Motta, T. Nardella e Cosma Siani, San Marco in Lamis, Quaderni del Sud, 1978, pp. 37; Bronx, America. Poesie in dialetto garganico, trad. T. Nardella, Manduria, Lacaita, 1991, pp. 48; Annemale parlante ["Animali parlanti"], trad. T. Nardella, San Marco in Lamis, Quaderni del Sud, 1994, pp. 40; La Poceide ["L’epica della pulce"]. Poemetto in dieci canti in vernacolo garganico, trad. Anna Siani, nota di A. Motta, ivi, 1996, pp. 68; Na vota è 'mpise Cola ["Una volta sola s'impicca Cola"]. Favola in dieci canti in dialetto garganico, trad. A. Siani, postf. C. Siani, ivi, 1997, pp. 60; Li quatte staggione e poesie ritrovate [Le quattro stagioni], trad. A. Siani, ivi, 1998, pp. 57; Lu deddù ["Il diluvio"]. Poemetto in ottava rima in dialetto garganico, a c. di A. Siani, ivi, 1999, pp. 60; Maste Peppe Cantarine ["Mastro Peppe canterino"]. Favola in sette canti in dialetto garganico, a c. di Anna Siani, ivi, 2000, pp. 55; Làcreme e sciure [nuova edizione], a c. di A. Motta, ivi, 2000, pp. 29; Lu ponte de sòla ["Il ponte di cuoio"]. Melodramma in dieci canti in dialetto garganico, a c. di A Siani, nota di Antonio Motta, ivi, 2001, pp. 109; L’ore de Gesù Bambine, a c. di Antonio Motta, ivi, 2001; La prima cumpagnia, a c. di A. Siani (in preparazione).

* Dal volume di prossima pubblicazione: C. Siani, Dialetto e poesia nel Gargano. Panorama storico-bibliografico, Roma, Cofine.